Un grande lavoro di squadra quello tra Amministrazione comunale, Coopculture e il curatore Marco Minuz, per allestire la mostra fotografica dedicata a Eve Arnold – fino all’8 dicembre presso Villa Bassi Ratgheb a Abano Terme in provincia di Padova- un grande progetto che collega idealmente la mostra con quella contemporanea di Treviso dedicata a Inge Morath.
Quando decide di seguire la sua passione e diventare fotografa, negli anni quaranta, questa professione non era per le donne. Ma lei, Eve Arnold, americana figlia di un rabbino russo, era una donna forte e coraggiosa, “She was a woman, she was a mum, but she did what she wanted”, ci dice l’attuale direttrice di Magnum Photos, agenzia per la quale la stessa Arnold fu la prima donna foto-repoter, realizzando importanti servizi fotografici in luoghi lontani come l’ Afghanistan.
La sua opera è famosa soprattutto per gli scatti alle grandi dive di Hollywood, da Marilyn Monroe a Marlene Dietrich. Le foto, peraltro tutte stampe originali e corredate di didascalie, occupano l’intero spazio, “entrano nel ventre della struttura museale, dall’ipogeo ai piani alti”, spiega poi Marco Minuz al pubblico intervenuto all’inaugurazione, integrandosi con l’ambiente e facendo talvolta da contrappunto alle opere pittoriche e scultoree stabilmente esposte nelle sale.
“Con l’opera di Eve Arnold si torna indietro a trent’anni fa quando c’era il rullino, quando c’era da pagare per poter sviluppare le foto, non come oggi che se ne possono scattare migliaia…”. Un salto nel passato, nel mondo del cinema con le celebri foto di Marylin Monroe, o sul palcoscenico, dove viene immortalata Marlene Dietrich, attendendo “con uno sforzo impressionante” il momento in cui la musica raggiunge il fortissimo per non disturbare l’esibizione con il click della macchina fotografica.
Ma Eve era anche una donna sensibile che fa emergere la femminilità dai suoi soggetti, percorrendo con loro la vita quotidiana, combattendo per loro le stesse battaglie: “Una donna per le donne”, potremmo definirla.
Oggigiorno, così abituati a “vedere” migliaia di immagini passarci davanti agli occhi, attraverso questa mostra, ci viene offerta la possibilità fermarci, per riscoprire la capacità di “osservare”. Secondo noi vale la pena fare una sosta.