In Brasile gli italiani hanno saputo farsi conoscere non solo per aver contribuito allo sviluppo di uno dei paesi emergenti più promettenti nel panorama economico mondiale ma anche nel radicare sul territorio la cultura del saper fare il buon vino.
Tutto incomincia nel 1875 quando gli immigrati italiani si stabiliscono nel sud del Brasile importando per primi una nuova filosofia nella coltivazione della vite Vitis vinifera con l’adozione di nuove tecniche di coltivazione a pergola o con i tipici tralicci. In effetti prima del loro arrivo esisteva solo una varietà di vite americana e il vino prodotto si limitava al tipico Suave vino dal gusto dolciastro e privo di struttura. Insomma una vera e propria coltivazione che puntasse sulla qualità non esisteva anche perché il protezionismo, protratto per anni, vietava l’importazione di vini da altri paesi e quindi il poter stabilire un termine di paragone competitivo a livello di gusto e qualità era pressoché impensabile.
Gli italiani stabilitisi nello stato di Rio grande do Sul che hanno saputo fare della viticoltura un attività imprenditoriale di successo sono per lo più oriundi del Nordest come i veneti delle famiglie Miolo, i Carraro con il brand Lidio Carraro, i Boscato o trentini come i produttori di Casa Valduga originari di Rovereto, i Peterlongo i primi che hanno saputo introdurre il metodo champenoise. Originari di Piombino Dese (PD) i Miolo arrivano in terra brasiliana alla fine dell’ottocento e per volontà del patriarca Giovanni decidono di acquistare da subito un piccolo appezzamento nella città di Bento Goncalves, diventata a pieno merito la capitale del vino brasiliano, per dedicarsi alla viticoltura.
Oggi la Miolo Wine Group con il 40% del mercato dei vini di qualità in Brasile e il 15% di produzione di spumante demi-sec e spumanti brut è considerata la prima casa vinicola del paese. L’azienda che fa dell’internazionalizzazione la chiave del suo rilancio, produce 12 milioni di litri di vino da circa un migliaio di ettari sparsi un po in tutto il Brasile e anche nella famigerata Vale do Sao Francisco presso Bahia, dove unico posto al mondo è possibile ottenere 2 raccolti all’anno.
Con l’avvio delle prime importazioni da Argentina, Cile, Francia prima negli anni ’70 e poi definitivamente negli anni ’90 i pochi produttori brasiliani per poter stare nel mercato dovettero rivedere i metodi di produzione concentrandosi sulla qualità e iniziando a coltivare i vitigni internazionali, Cabernet Sauvignon, Merlot, Cabernet Franc e Malbec, Chardonnay, Riesling Italico, Pinot Nero e tanti altri.
I primi vini di qualità prodotti in Brasile derivano perlopiù dal Merlot che in Brasile acquista caratteristiche tutte sue. Un armonia di profumi e sapori che non ci aspetteremo: amarena, ribes, cedro, olive verdi ma anche tabacco menta, foglie di tè insomma eleganza e stile non mancano.
Clima e Terreno
Climaticamente parlando il Brasile del sud non ha niente a che vedere con il clima tropicale del resto del paese. Recandosi a Bento Goncalves, nello stato di Rio Grande do Sul il clima continentale caratterizzato da inverni secchi a volte anche rigidi e estati fresche permette alle viti, tipicamente europee, di crescere in un ambiente del tutto simile al vecchio continente. Nella regione di Rio Grande do Sul il terreno è principalmente argilloso basaltico con una dominanza di Camisoles, suoli in evoluzione o ancora in formazione, con una percentuale di oltre il 50%. In generale il terreno è ben drenato, a media ed alta profondità ed è originariamente acido. Mentre i terreni argillosi rossi sono più ricchi e offrono una protezione dal sole non necessitando di fertilizzanti, i terreni argillosi gialli sono piuttosto asciutti e hanno bisogno di applicazioni di fertilizzanti azotati (boro, zolfo, azoto).
Il vino in Brasile
Attualmente la legislazione fiscale sul vino non facilita ancora la produzione locale ed è fiscalmente più favorevole per i vini d’importazione che per i vini di produzione brasiliani. Questo effetto ha determinato la concentrazione della produzione in poche grandi aziende in grado di sostenere i costi del cosiddetto bollo fiscale instaurato per evitare il contrabbando di alcolici. Inoltre va considerato anche che il consumo medio di vino in Brasile è ancora molto basso, 2 litri procapite all’anno, contro i 20 dell’Argentina e quasi i 40 in Italia, questo anche per via dei costi mediamente elevati per bottiglia di vino contro la birra nazionale che riscuote maggior successo.
L’internazionalizzazione resta pertanto la carta vincente per il vino brasiliano in particolare in Cina, USA, Canada, Nuova Zelanda, Paesi Bassi. Dal 2014 il commercio potrebbe subire un ulteriore spinta. La coppa del mondo prima e le Olimpiadi del 2016 faranno del Brasile una vetrina mondiale che fa ben sperare anche per il vino brasiliano. L’occasione sarà unica per incrementare le attività commerciali del paese e per la viticoltura sono previsti tutta una serie di eventi mondiali creati ad hoc per promuovere al meglio il settore.
Henry BORZI