Suggerire attraverso la scultura pensieri che permettano una riflessione sul mondo in cui viviamo, decostruendo ed interpretando le ferite della società postmoderna, sempre in bilico tra decadenza e possibile rinascita. E’ questa la cifra della poetica impegnata di Pierantonio Bellotto, il cui percorso estetico è caratterizzato, fin dagli esordi, dal gusto della provocazione, dalla profonda conoscenza della storia dell’arte, del teatro e del cinema. Nello stile avanguardistico delle sculture tendenti all’informale di questo autore si nota una simbiosi tra arte e vita, un’espressione vulcanica e antisistematica, capace di spiazzare l’osservatore con creazioni simboliste dal forte impatto emotivo. Al di fuori di ogni circuito accademico questo artista eclettico, dal carattere forte e ribelle, imprime un segno dinamico alle sue opere, il cui tema ricorrente è la realtà del nostro tempo nelle sue costanti contraddizioni e nelle sue polarità dialettiche: l’arte diviene un mezzo utile per tematizzare l’attualità e la storia contemporanea. La scultura o è sociale o non è, nella visione critica di Pierantonio Bellotto. Pervaso da una concezione quasi surrealista che lo spinge a sorpassare i limiti del figurativismo nelle sue creazioni, l’artista scardina il concetto classico di bellezza, perché non tutto ciò che è arte risponde ai canoni dell’armonia, in quanto ciò che è armonico talora non è che un mero esercizio di stile.
Poliedrico anche nell’impiego dei materiali lo scultore ama adoperare diversi supporti, ultimamente soprattutto il legno perché è una materia viva che egli sottopone ad un particolare tipo di pigmentazione tale da farlo assomigliare al bronzo. Irrompe una plasticità arricchita da dinamismo e armoniosa autenticità nelle lignee sculture di Bellotto, il quale si diverte ad elaborare e levigare la materia con grazia e forza, per poi trasformarla abilmente in una sorgente di continuo significato e luce interiore. Una parola esprime più di tutte questo autore: libertà. Lo si nota nell’espressione sempre tesa al nuovo, nel modo di concepire la vita, nel rifiuto della chiusura in formule o in “catechismi” estetici che pretendano di spiegare il mondo in cui viviamo una volta per tutte. Nell’ultimo periodo la riflessione di questo scultore si concentra sui temi sociali, come testimoniano opere dedicate alla tragedia di Auschwitz, alla quotidiana disperazione della gente di Gaza, al dramma dell’odierna immigrazione per tanti rifugiati che, ogni giorno, sbarcano sulle nostre coste. Bellotto non teme il confronto con la storia, attraverso un’espressione forte che viene talora espressa un urlo di dolore. L’arte sociale è il mezzo per assumere coscienza dei problemi, non per risolverli. “Quando lavoro per me non esiste più nulla, entro in una dimensione tutta mia – spiega l’artista – . Desidero che le mie sculture esprimano le cose in cui credo e che trasmettano delle emozioni”. (Martina Calvi)