Nell’opera di Stefano Reolon, artista padovano di Vigodarzere, lo squarcio diventa immagine di presenza-assenza, quasi un tumulto di voci che si sovrappongono nella fretta, un incrociarsi di strade tra passato remoto e modernità, nel lungo percorso della storia dell’arte che s’innesta nella complessità dell’oggi. “Stefano Reolon. Moi Aussi” è la personale organizzata dall’assessorato alla Cultura del Comune di Padova, ospitata alle Scuderie di Palazzo Moroni fino al 19 giugno. La cifra poetica di questa esposizione innovativa è il costante attraversamento di stili, di maniere, di linguaggi, grazie all’uso di plurime tecniche. Un balzo dal seicento alla digital art, giocando col fumetto e con lo short movie. Un andirivieni di immagini e di citazioni nelle citazioni svelano, come in un film, o in una vecchia cassetta sbobinata, che la vita è carica di tromp l’oil, di specchi negli specchi, di immagini che non ritraggono che altre immagini. Suggestive e cariche di seduzioni. Paradigmi dell’illusorietà come collante tra le diverse epoche. Che il nostro io intreccia una sull’altra e stratifica nella memoria. Ricordiamo Ulisse che si fece irretire dalle Sirene e la versione del mito di Narciso in cui, quando il giovane si specchia nell’acqua, vedendo la sua immagine riflessa di immensa bellezza, non si saziava di ammirarla, tanto che se ne innamorò fino a volerla catturare. Poi l’acqua d’un tratto s’intorbidì e l’immagine scomparve, fino a quando l’adolescente si lasciò cadere nel ruscello e annegò. Anche questa mostra descrive il Self, tanto che si chiama “Moi Aussi” perché sviscera l’identità nei suoi viaggi interiori e tematici. Abbiamo chiesto a Reolon come mai abbia voluto dare questo titolo all’esposizione e la risposta è stata: “In francese vuol dire ci sono anch’io. Ho voluto questo titolo proprio perché, tendenzialmente, sono vissuto in disparte, ma ora ho fatto la scelta di emergere col bagaglio culturale delle mie esperienze che spaziano dall’Accademia delle Belle Arti di Venezia, al lavoro alla Rai di Roma, alla scenografia e all’attività di costumista, fino al lavoro di pittore”.
La mostra di Reolon è un itinerario interessante, solo in parte tradizionale, perché muove dentro una vita che rompe con gli schemi classici. Tanto che nei dipinti si trovano disseminate delle tracce di quella scenografia e teatralità che l’autore sente pulsare dentro il cuore. Troviamo riproduzioni di anatomie seicentesche e citazioni manga all’interno di strutture ad ampio respiro, perché Reolon costruisce dipinti di forte impatto e originalità. Di piglio anche carnale. “Uso molto il disegno e utilizzo varie tecniche nei miei lavori: dalle tempere grasse ai materiali organici impiegati in passato fino al digitale. Tutto quello che faccio lo disegno”, afferma il pittore. Osservando l’arte di Stefano ci si immerge in grandi frames, cornici architettoniche nelle quali è possibile apprezzare un vivace gioco di rimandi intellettuali, ma anche lo sforzo di raccontare un modo di essere. Con estro e dinamismo. “Il periodo che prediligo – conclude l’artista – è quello dell’arte rinascimentale e barocca, ma amo molto anche la visionarietà del surrealismo e, in alcuni miei disegni, affiora l’inconscio, quel non detto che parla per noi col colore”.
La mostra è aperta tutti i giorni dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14 alle 19, con ingresso libero.
MC